La recensione di Laura Mancini
Veniamo accolti in uno spazio molto piccolo, dall’atmosfera familiare, ben congegnato, sfruttato in modo funzionale per far stare comodo il pubblico e permettere a tutti di guardare e sentire lo spettacolo nel migliore dei modi e, oserei dire, di “viverlo” da vicino, data la prossimità con palco ed interpreti.
Puntualissimo, alle 21, comincia “Una pura formalità”.
Rumore di pioggia che trasmette un’immediata sensazione di umidità; il suono improvviso di uno sparo; tre luci abbaglianti nel buio e dei poliziotti all’inseguimento di un uomo, stordito, disorientato, all’apparenza ignaro di cosa sia appena accaduto.
Oscurità, poi luci soffuse, colori freddi, silenzi importanti alternati sapientemente a suoni, ora lievi, ora ritmati e incalzanti: c'è un incredibile lavoro di regia nonché lavoro tecnico, dietro la preparazione di questa rappresentazione, che rendono lo spettatore partecipe di ogni momento.
E, naturalmente, c’è una capacità straordinaria da parte dei 5 interpreti maschili, di essere costantemente presenti sulla scena, nonostante quest’ultima non cambi mai, durante un atto unico recitato senza interruzioni.
Ambientazione di questo “dramma-giallo” è la stanza di un commissariato… che si rivelerà, forse, essere una sorta di purgatorio delle anime o delle coscienze, in linea con lo stile volutamente ambiguo di Tornatore, che mette in discussione lo statuto di credibilità delle immagini, interrogandosi sul confine tra fantasia e realtà.
Giochi di suoni e luci spettacolari, di grande effetto, garantiscono la continuità di un filo conduttore, fatto di momenti polizieschi, di altri di alta tensione, di curiosità, di commozione, di sospetto.
Viene realizzata, in questo lavoro, una messa in scena perfetta dei più profondi sentimenti dell’animo umano.
Si tratta di uno spettacolo davvero toccante, che lascia il pubblico senza fiato.
Roma, Teatro Tor di Nona, 9 Ottobre 2008
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