Di cosa stiamo parlando?
Di amore? Di morte?
Di passione, di depressione?
Di protervia che nasconde l'odio di se, di algida compostezza che cela un'umanità inattesa e profonda?
Di dolore sordo che conserviamo pudicamente in noi stessi, nascondendolo agli altri quasi fosse una malattia e non, invece, il senso più intimo e vero del nostro essere vivi?
In questo momento del mio percorso io non so e non voglio raccontare altro che storie di un'umanità mendica ma non mendace.
Lascio volentieri ad altri i fratelli grandi e le famose isole, e mi acquatto, insieme a un manipolo di attori amici e coraggiosi, rannicchiandomi in attesa che la tempesta passi e l'uomo ritrovi se stesso e il coraggio di mostrarsi.
Se abbiamo una missione, oggi, è quella di ricordare a noi stessi e agli altri qual è l'essenza dell'essere umano, bambino fragile ed eroico.
Perché è così che eravamo: bambini con le ginocchia sbucciate e il moccio che ci colava dal naso, ma subito pronti a farci consolare da una carezza materna, a farci curare da un dito inumidito di saliva e a correre di nuovo dietro una palla.
È di questo che parliamo: di come abbiamo fatto a scordarci di vivere.
Roberto Belli