note di regia

«È una commedia coś gioconda che non pare opera mia».
Fu proprio Luigi Pirandello a dirlo, ed effettivamente Liolà è uno spettacolo anomalo rispetto alla produzione del grande drammaturgo agrigentino.
Se, infatti, in Liolà ritroviamo intatte le tematiche dell’essere e dell’apparire sempre presenti nella produzione pirandelliana, traspare in questa commedia una sensualità dionisiaca, al tempo stesso pagana e divina perché profondamente umana.
La “location” è la campagna siciliana, il mondo rurale, dove più forte è il potere della terra sugli uomini e il potere degli uomini che possiedono la terra.
Gerarchie incontestabili si ergono sul possesso, sulla proprietà che legittima atti e soprusi, ricatti e silenzi.
Il padrone della terra, Zio Simone, diviene allora il Padrino a cui tutti si sottomettono. Il microcosmo femminile, che pure mantiene forte la propria identità, fa a sua volta della maternità uno strumento di potere.
Il contraltare a questa realtà è Liolà. Giovane bracciante, seduttore canterino e vagabondo spensierato, Liolà non vuole la terra, ma la abita, la lavora e la trasforma.
In totale sintonia con la natura, generosa con chi la rispetta, sterile con chi si limita a possederla, Liolà è una figura assolutamente dirompente in un ambito cuturale basato sulla maldicenza, sul profitto, sui falsi pudori, sull’attaccamento alla “roba”.
Liolà è libero perché non possiede, perché non vuole possedere, e proprio perché sembra non avere niente da perdere è inevitabilmente destinato a vincere.
Liolà non è né bello né simpatico, come invece viene spesso rappresentato; il suo fascino gli deriva dall'essere autenticamente contro il sistema e percị, suo malgrado, seduttivo come tutti i rivoluzionari.
Tutti gli altri personaggi, indistintamente, sono costretti a subirne la fascinazione, alimentando, soprattutto nella componente femminile, la continua discrasia tra “sensi” e “senso del pudore”.
Di Liolà risuonano le parole ancora oggi in grado di essere irriverenti, disvelatrici e satiriche.
Ma Liolà non è e non vuole essere solo una commedia; il genio pirandelliano fa ś che la passionalità della situazione e le stesse regole di convivenza “civile” costringano i personaggi ad abbandonare la maschera di ipocrisia e a mostrarsi integri nella loro verità, anche quando questa verità sa di corrotto, di sottilmente malvagio e perverso.
La purezza dell’uomo libero fa scoprire che il re è nudo.

Roberto Belli